Statistiche e persone

Siamo persone e non numeri! – E’ quasi impossibilie che capitino queste cose, eppure a me, purtroppo, è successo! – Sognare di vincere la lotteria è da illusi.

Ho messo insieme alcune frasi fatte, che danno il comune modo di sentire rispetto ad eventi improbabili. Mi serve per iniziare a parlare dei casi statisticamente trascurabili, come anticipato nel mio articolo sulla vaccianzione. La cronaca di questi giorni, sempre legata alla vaccinazione contro il Coronavirus, rende ancora più appropriato quanto avevo già intenzione di comunicare.

Nel periodo estivo, mentre boccheggiamo camminando per le strade roventi, ci convinciamo che la temeratura dell’aria fosse sicuramente superiore ai 40° centigradi ed invece i bravi cronisti di radio e televisione ci spiegano con dovizia di particolari che erano solo 35° ma la temperatura percepita era superiore a quella reale per via dell’umidità. La stessa cosa avviene con la percezione dei casi statistici. Se l’evento crea preoccupazione, il dato statistico di 1 morto, su 1 milione di vaccinati, diventa inaccettabile. Se invece siamo abituati a vivere un evento come possibilità remota e frutto di fatalità, come attraversare la strada sulle strisce pedonali, lo facciamo tranquillamente tutti i giorni eppure il tasso di mortalità in Italia è di ben 8,8 su milione. Similarmente guidiamo l’auto che ha addirittura un tasso di mortalità per incidente di 36 su milione. Quindi anche con i casi statistici relativi a medicinale e vaccini, il rischio percepito è superiore a quello reale. Sia chiaro, non voglio dimostrare che il rischio della vaccinazione sia pari a zero. Il rischio zero è una chimera, non esiste.

Eppure tutti sappiamo che il corpo umano è una macchina molto evoluta, in continuo sviluppo, ma non perfetta e soprattuto l’umanità intera non è composta di esemplari tutti uguali. Ci sono piccolissime, impercettibili differenze tra uomo ed uomo che in condizioni di vita normale quasi non si notano. Anche i migliori hanno piccolissime anomalie o funzionamenti non standard di alcuni apparati. Non sempre sono difetti, saltuariamente ci sono cuori super che permettono prestazioni eccezionali agli atleti, riflessi molto reattivi, cervelli velocissimi nell’elaborazione dei dati e viste e olfatti da supereroi. Un farmaco, per quanto possa essere stato testato su un campione considerevole di persone, potrebbe avere effetti indesiderati per persone con caratteristiche particolari e ancora maggiori sono i rischi quando il soggetto utilizzatore del farmaco ha altre patologie, magari a lui sconosciute.

Come non esiste l’uomo perfetto non può esistere il farmaco perfetto, senza controindicazioni e con reazini identiche sull’intera umanità. La domanda che tutti si stanno facendo in questo periodo è relativa alla validità dei vaccini anti Covid data la velocità con la quale questi sono stati realizzati ed il poco tempo di test sui volontari umani. Viene il dubbio che la popolazione mondiale stia facendo da cavia per il proseguo degli esperimenti.

Dovrebbe tranquillizzare il fatto che su questa pandemia, lo sforzo di ricerca è stato portato avanti comunemente dagli scienziati di tutto il mondo sia per identificare meglio le caratteristiche del virus, e sia per arrivare velocemente a cure condivise e ai fatidici vaccini. Dopo la fase di studio, ogni azienda farmaceutica, spesso finanziata dagli Stati, ha proceduto con metodologie diverse e arrivando a vaccini totalmente diversi l’uno dall’altro. Si hanno infatti i vaccini a RNA messaggero, a subunità o a vettori. Non scendo nei dettagli delle tipologie di vaccini, dato che la mia non è una trattazione scientifica. Non taccio invece sul fatto che i vaccini avrebbero dovuto essere brevettati dagli stati e non dalle case farmaceutiche per ridurre il costo di approvvigionamento e produzione a vantaggio di tutte le popolazioni del mondo. Ma torniamo al nostro tema.

Dopo gli annunci delle performance del vaccino russo, lo Sputnik, che era accreditato del 98% di efficacia, la Pfizer ha modificato il suo primo valore di 88% portandolo al 94,5%. A confronto di questi vaccini, la dichiarazione di AstraZeneca di efficacia intorno al 70% appare risibile e già questo primo fatto getta una luce di scarsa affidabilità sul vaccino. L’opinione pubblica viene ulteriormente allarmata dall’eccessivo accento posto sull’argomento dai dibattiti televisivi e radiofonici. In questo contesto, la notizia di morti improvvise, successive alla somministrazione del vaccino AstraZeneca, ha creato immediatamente il panico.

Ora, ipotizzando che le 6 morti accertate in Europa, rispetto alle 6 milioni di dosi somministrate, siano direttamente correlate ad una reazione al vaccino AstraZeneca, questo valore rientrerebbe in quel dato statisticamente trascurabile di 1/1.000.000. I decessi per Coronavirus, a livello mondiale, sono 388 su milione, in Europa il tasso sale a ben 1142. A fronte di questi dati appare sempre più logico procedere comunque con il programma vaccinale.

Questa la teoria, però se sei uno dei familiari del singolo caso su milione, per te non è nè un numero e nemmeno un valore statistico, bensì una persona, un caro, un affetto. Davanti alla perdita di un affetto non esisterà mai giustificazione statistica che tenga.

Coronavirus e politica italiana

Nella giornata di oggi, 15 gennaio 2021 è stato sfondato il muro psicologico dei 2 Milioni di morti nel mondo a causa della pandemia da Coronavirus. Due milioni di morti dichiarati* in poco meno di un anno dal conteggio ufficiale che parte il 23 gennaio 2020 in Cina.

* Il numero complessivo dei morti è sicuramente maggiore di quanto dichiarato poiché, come spiegato nell’articolo Coronavirus, aggiornamenti, molti stati non hanno la possibilità di rilevare i contagiati e i deceduti, altri stati non vogliono dichiarare la reale situazione epidemiolgica del Paese. Da recenti studi, inoltre, l’inizio dell’epidemia potrebbe essere datato tra agosto e novembre del 2019

In Italia la triste conta dei contagiati parte il 16 febbraio 2020 con 3 turisti cinesi. La Nazione si rende conto della reale gravità del contagio con il primo caso riscontrato ad un cittadino italiano il 20 febbraio. Da lì in poi è la cronaca di un pluri-dramma. Dramma per i contagiati, dramma per le vittime, dramma per i familiari, dramma per dottori, infermieri, ambulanzieri, volontari che operano nella sanità e all’assistenza agli anziani, dramma per le residenze sanitarie assistenziali, dramma per moltissime categorie imprenditoriali, per i piccoli negozi, per i servizi alla persona, per bar, hotel e ristoranti, dramma per gli operatori scolastici e per gli studenti, dramma nella cultura per cinema, teatri, mostre, dramma nello sport, nelle palestre e nelle piscine, dramma nel turismo e nei trasporti, dramma delle solitudini, dramma per le convivenze obbligatorie tra coniugi o famiglie in crisi con disastroso aumento delle violenze domestiche. Dramma per un complessivo impoverimento della popolazione italiana con enormi cambiamenti nelle abitudini sociali.

C’è stato un momento, durante l’estate, in cui ci si era illusi di aver messo il virus alle spalle e la vita era tornata ad un livello di quasi normalità e poi di nuovo l’angoscia ed il rischio di dover tornare a chiudersi a casa con le fobie da isolamento ed il terrore dell’insostenibilità economica di ulteriori restrizioni per chi lavora in proprio. Ho rivisto in questa estate illusoria una certa somiglianza con il film “Risvegli” con l’indimenticabile Robin Williams. Dopo l’euforica riapertura estiva il ritorno al conteggio delle vittime. I numeri aumentano non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa e nelle americhe dove contagio e vittime sembrano dilagare.

E per dare sicurezza alla popolazione italiana, in questo periodo di grande insicurezza sanitaria, sociale ed economica, cosa serviva? Una sferzata di normalità! Una bella crisi politica per riportarci alle vecchie abitudini. Ai governi che cambiano colori e composizioni, alle agitazioni nelle aule parlamentari per setacciare, tra deputati e senatori, gli indesiderabili e far riaffiorare i fedeli a cui aggiungere quache saltatore con l’asta da una parte all’altra dell’emiciclo.

Quando posso, evito di parlare di politica, però oggi sono molto arrabbiato per quanto sta succedendo perché ritengo poco responsabile il comportamento del senatore Renzi. Voglio sgomberare il campo da qualsiasi dubbio. Per me non c’è preclusione a qualsiasi soluzione, nemmeno alle elezioni, che possono svolgersi anche nel bel mezzo di una pandemia: basta dare regole certe e farle rispettare a tutti. In questa maniera si può fare campagna elettorale e si possono allestire i seggi. Il problema è un altro. Non è necessario inasprire i toni, aggiungere pensieri angoscianti, derivanti dall’insicurezza politica, a chi ha già notevoli problemi ad andare avanti con il rischio di vedere andare in fumo in pochi mesi il frutto di anni di lavoro. Le problematiche sollevate da Renzi mi sono sembrate molto pretestuose poiché tutto ciò che non è stato discusso con lui, è stato discusso in Consiglio dei Ministri dove c’erano due sue ministre. Quando Renzi ha fatto delle proposte di miglioramento è stato ascoltato dal Primo Ministro Conte. Se questa volta non è stato ascoltato, vuol dire che la sua proposta non era concreta o non era percorribile.

Ultimo pensiero lo rivolgo a tutte le donne impegnate in politica. Io credo molto nel valore aggiunto che le donne possono dare alla politica, grazie alla loro sensibilità riguardo le problematiche di vita concreta, oltre alla ferrea determinazione di cui dispongono quando sono convinte di essere nel giusto. Vedere le due ministre Bellanova e Bonetti in assoluto silenzio e quasi ingessate, a fianco di Renzi, in conferenza stampa, mi ha dato un grande senso di tristezza per tutto il mondo femminile e per le belle parole che vengono profuse quando è il momento di inserirle nelle liste elettorali solo per soddisfare un’unica esigenza: rinetrare nelle quote rosa. C’è tanta strada da fare anche su questo versante.

Ammonimento accorato

Mi ero ripromesso di non scrivere più notizie sul Coronavirus fino a quando non sarebbe stato possibile dare l’unica vera bella notizia: non ci sono più malati!

Purtroppo non sembra essere possibile vivere facendo finta che l’invisibile ed innominabile particella non sia presente attorno a noi in ogni momento delle nostre giornate. Oggi ho ricevuto un messaggio da un amico che mi ha fatto riflettere molto e non potevo non condividere con i miei lettori i pensieri assordanti che mi stanno ronzando in testa.

La chat con i colleghi che non vedo da molti anni, ogni tanto si anima in maniera improvvisa, quando c’è un compleanno, quando due o più riescono ad incontrarsi negli angoli più disparati del mondo o se ci sono eventi lieti da condividere. Oggi, quando è apparso il nome della chat nella parte alta dello schermo, sono stato assalito dalla solita gioia per il momento di incontro virtuale con le persone con le quali ho condiviso un periodo importante della mia vita lavorativa.

L’inizio è il solito, quasi formale “Ragazzi buongiorno”, poi invece la doccia fredda. Non è una notizia funerea ma comunque dura da digerire “Mia moglie ricoverata con polmonite da covid è con l’ossigeno”. Però non è questo che mi spinge a parlare oggi ma il suo appello accorato che ha aggiunto al messaggio. Mi ha raggiunto come un pungolo impedendomi di restare fermo e zitto. Devo raggiungere quanta più gente possibile, amici, conoscenti, estranei che casualmente verranno catturati da queste righe, chiunque possa fare da eco alle parole forti che sono racchiuse nel breve ma forte messaggio del mio amico.

“Chiudete in casa le vostre famiglie” è la prima sferzata. Ho pensato a quanti temono che poteri forti, ignoti supermanipolatori, tiranni ed oligarchi vogliano ridurci a miseri sudditi, lavoratori terrorizzati da emergenze sanitarie. Qualora costoro venissero investiti in prima persona dal problema del virus, non avrebbero più nessuna voglia di andare dietro alle teorie complottiste. Non chiederebbero chi ha mai visto un malato di covid e non proclamerebbero il proprio credo o il proprio disaccordo con l’utilizzo di mascherine e distanze di sicurezza.

“Siate cattivi se necessario”. E’ mai possibile che un genitore di figli adulti debba esercitare la propria autorità sino al rischiio di sembrare cattivo pur di proteggere il bene più prezioso per le persone più care? Mi sembra di vivere in un incubo, eppure è così. Se vuoi salvare i figli, la moglie, i parenti anziani che hai intorno ed infine te stesso, devi essere fermo e deciso nel sottolineare il rischio di contrarre il contagio in situazioni di vicinanza, promiscuità, condensazione degli spazi e… utilizzando male o per niente la mascherina!

“Nonostante le precauzioni maniacali ci ha preso in pieno” Quando abbassiamo le difese? quando ci sentiamo più a nostro agio? Quando siamo all’interno del nostro nucleo familiare oppure a tavola con amici o colleghi di lavoro, nei luoghi dove ci conosciamo tutti, come se il fatto di conoscerci sia un antidoto al contagio. Come se per rischiare dovresti trovarti davanti ad una persona in piena crisi polmonare. No, il virus è presente, anche se latente, dentro molti di noi. Non è il virus che si è indebolito ma trova resistenze endogene in alcuni soggetti mente in altri riesce a replicarsi in maniera vantaggiosa per lui.

“Siate pure stronzi ma non vi fate fregare da questo virus di merda!” In questa doppia esortazione finale c’è la ripetizione della necessità di fermezza con noi stessi per primi e con i nostri familiari. I figli spesso non ci ascoltano ma noi dobbiamo essere più duri di loro. Non soffriranno per una cena in meno o per la rinuncia ad una serata di socialità. La seconda parte dell’esortazione mette l’accento su chi è il vero nemico: non siamo noi nei confronti dei figli, non sono i figli, non sono i loro amici, non sono i parenti, non sono i colleghi, gli anziani a passeggio, i giovani allo spritz in piazza, le famiglie a passeggio sui colli. Il nemico è il virus, un virus subdolo, odioso, tanto malvagio da meritarsi l’ultimo epiteto “di merda”.

Ma perchè tanta durezza in tale messaggio? Perchè c’è quella particolare condizione di non essere il soggetto malato ma di essere quello che vuole bene e che vorrebbe prendersi cura della persona amata ma “Non posso starle vicino. Esperienza allucinante” . Anche questo è il virus. E’ l’impossibilità di tenere la mano alla moglie malata, di poterla accarezzare mentre le racconti com’è andata la giornata a casa, che senza di lei non sei riuscito a fare la spesa, che non sai come usare la lavatrice, che ti mancano le sue urla perché è sera e non hai ancora portato fuori la spazzatura. E’ allucinante ed è un’esperienza che possiamo limitare, facendo tutti la nostra parte. Siate stronzi ma non vi fate fregare da questo virus di merda.

Coronavirus, aggiornamenti

Eccomi qua con l’aggiornamento promesso nell’articolo del 27 giugno.

La situazione epidemiologica, nel mondo, è arrivata ad un punto cruciale. Oggi, 27 settembre 2020, è stato superato il milione di morti accertati nel mondo. In molti Stati l’epidemia è in forte espansione compresi gli Stati europei in cui sta ritornando in maniera vistosa in quella che giornalisticamente è stata chiamata “Seconda ondata”.

Non voglio essere tacciato di allarmismo per cui preciso subito che c’è un’enorme differenza tra i primi mesi di pandemia in Europa e questa recrudescenza. La maggior parte dei casi positivi sono soggetti che hanno avuto contatti con il virus ma non mostrano segni di malattia, ossia sono sani ma potenzialmente contagiosi. Durante la prima ondata, la prevalenza dei pazienti positivi si presentavano in ospedale già malati. Solo facendo lo screening di parenti ed amici si riuscivano a trovare alcuni casi di positivi privi di sintomi. Oggi gli screening sono a più vasto raggio e per questo si scoprono centinaia di nuovi positivi al giorno e solo pochissimi di questi sono nuovi malati. Fatta questa bella precisazione dobbiamo prendere atto che a fine giugno, in Italia, avevamo circa 40 casi in terapia intensiva, oggi ne abbiamo 254, determinando una situazione non drammatica ma in lento peggioramento. Ne consegue che, senza alcun allarmismo, è senz’altro necessario continuare a mantenere le odierne precauzioni. La diffusione del virus è, infatti, rallentata dalle buone abitudini apprese in questi mesi e dalla maggior produzione industriale di dispositivi di protezione individuale e di igienizzazione. Troviamo disinfettanti alle porte di ogni negozio, usiamo le mascherine quando ci troviamo in presenza di altre persone e applichiamo il distanziamento. Pensate che solo 8 mesi fa erano sparite tutte le confezioni di disinfettante dai supermercati, non c’erano mascherine di nessun tipo, e non avevamo ben compreso cosa volesse dire distanziamento di sicurezza. La massiccia quantità di tamponi, inoltre, permette di intercettare con largo anticipo le persone positive al virus impedendo la rapida diffusione. Ci sono poi tutti i vari sistemi di tracciabilità che vanno dai registri cartacei all’App Immuni o altre simili.

Fatta questa bella premessa, analizziamo i numeri. Come ho più volte sottolineato, i numeri ci danno indicazioni importanti ma bisogna tenere conto che siamo certi della non esattezza dei dati provenienti dalla maggior parte degli Stati africani, per stessa ammissione dei loro governanti, per cui sia contagi e sia decessi sono da considerarsi sottodimensionati. Discorso simile per alcuni stati del sud-est asiatico e del sud America. Per finire, non c’è nessun valore comunicato dalla Korea del nord.

Nel primo dei due grafici, si vede chiaramente che nel mondo siamo arrivati a punte di 300.000 nuovi casi al giorno contro i 40-50 mila quando erano interessate solo la Cina e l’Europa. Per contro, il secondo grafico ci mostra che il numero dei morti, dopo i picchi di aprile, si sono stabilizzati tra i 5 e i 6 mila al giorno con minimi intorno ai 4000. Complessivamente il mese che ha dato più tregua al mondo che però ha forse illuso sulla possibilità di una fine immediata dell’epidemia, è stato giugno.

Dal grafico curato quotidianamente da me con i dati prelevati dal sito Worldometers (dal quale derivano anche i primi due grafici esposti), si possono fare interessanti considerazioni.

  1. La fine del mese di giugno mostra le inversioni di tendenza di quasi tutte le curve. Comincio da un dato interessante: il numero di Stati con zero casi Covid (dopo averne avuto almeno 1) erano 29 nella seconda decade di giugno ed appena 8 ad inizio settembre. Nello stesso periodo, i casi attivi in Nord America sono saliti da poco più di 1,1 a 2,8 milioni; in Europa da poco meno di 800 mila ad oltre i 2 milioni; Asia e America del sud hanno andamenti altalenanti dovuti a molti fattori: la frammentarietà della raccolta dati, l’elevato numero di decessi e il meccanismo dell’automatismo per cui un paziente positivo, se non ha i sintomi della malattia, viene considerato negativo dopo 7, 10 o 14 giorni a seconda degli Stati, senza fare ricorso al secondo tampone di riscontro.
  2. Il numero dei malati critici, nel Mondo, è salito dai 49mila di inizio luglio (la rilevazione l’ho iniziata in quel periodo) ai 63mila dei nostri giorni.
  3. La mortalità media rispetto al numero di contagiati, da giugno ha rallentato il ritmo di diminuzione, proprio in funzione del maggior numero di tamponi. Secondo le mie stime dovrebbe attestarsi, a fine pandemia, intorno al 1,5 %

La fine della pandemia non è così vicina come vorremmo e si guarda al vaccino come soluzione finale. Io spero che oltre al vaccino si arrivi a trovare farmaci in grado di fermare sul nascere questa malattia così da conviverci come facciamo con molte altre.

Non so se continuerò a dare aggiornamenti poiché c’è una parte di me che vorrebbe vedere già conclusa questa conta sulla pandemia e concentrare l’attenzione su altri argomenti ma sento ancora l’esigenza di dare informazioni con uno sguardo di maggiore ampiezza rispetto alle statistiche regionalizzate che, pur essendo approfondite, hanno spesso il difetto dello sguardo miope e non fanno comprendere appieno la portata del fenomeno.

Come riaprire le scuole in (relativa) sicurezza — OggiScienza

Tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, più di un miliardo e mezzo di alunni e studenti (oltre il 90% del totale a livello mondiale) sono stati costretti a restare a casa da scuola per la pandemia di COVID-19. Secondo le rilevazioni dell’UNESCO, ancora oggi un miliardo di bambini e adolescenti attendono di […]

Come riaprire le scuole in (relativa) sicurezza — OggiScienza

Coronavirus: la folle corsa.

Eccoci arrivati a 10 milioni di casi.

Come avevo già scritto nell’articolo del 20 maggio, i conti relativi alla propagazione di questa pandemia da Coronavirus, non tornano, però è giusto affidarsi agli unici indicatori ufficiali disponibili.

Nel mondo, si è passati dai 5 milioni di contagiati nel lasso di tempo relativamente breve di 120 giorni (dal 22 gennaio al 20 maggio) al raddoppio in appena 39 giorni (dal 21 maggio ad oggi), ossia in un terzo del tempo. La logica di questa accelerazione sta sicuramente nella maggiore diffusione del contagio, trasformatosi da fenomeno regionale a emergenza planetaria. Percorrendo i meandri delle serie numeriche, si notano però alcune discontinuità di comportamento della diffusione rispetto a quanto atteso.

Si è molto discusso, in particolare, della volontà di alcune Nazioni di conteggiare solo le morti accertate a causa del Coronavirus, cioè conteggiare i deceduti “per” ed escludere i deceduti “con” Coronavirus ma che avevano patologie pregresse gravi e che, a parere dei medici, sarebbero comunque morti nel giro di qualche mese/anno. Ma dato che si parla di eventualità ipotetiche sulla durata in vita delle persone affette da tali patologie, mi viene da dire che se non ci fosse stato il Coronavirus, oggi, ad appena 6 mesi dall’inizio della pandemia, qualcuna di quelle persone potrebbe essere ancora viva sebbene non conteggiata nella triste statistica delle morti causate dal virus.

Il diffondersi di questa pratica fa ridurre enormemente il numero dei deceduti rispetto agli infettati (vedere il confronto dei due grafici a barre) portando la percentuale dei decessi rispetto al numero di casi chiusi all’ 8%. Secondo una stima che avevo fatto qualche settimana fa, tale percentuale si sarebbe dovuta ridurre al 4,5-5% al termine della pandemia. Se invece proseguirà l’andamento che stanno assumendo i grafici in questi giorni, alla fine la percentuale sarà intorno al consolatorio ma irreale 2%.

In quest’ultima serie numerica, tratta da una statistica che aggiorno quotidianamente leggendo il sito www.worldometers.info, sono visibili le percentuali di incidenza dei decessi totali sul numero totale dei casi, suddivisi per area geografica e, nell’ultima colonna, quella mondiale.

Nel gruppo colonne “Stop”, il numero di Nazioni che hanno sconfitto il Coronavirus: “green” senza decessi, “grey” con decessi. Tra queste ultime, da ieri rientra finalmente la Repubblica di San Marino che è la Nazione al Mondo col maggior numero di decessi rispetto la popolazione.

Tornando all’argomento, la mia preoccupazione è che questo minor valore percentuale non sia dovuto ad una ridotta virulenza del virus, come decantato da più parti, ma solo effetto del diverso metodo di conteggio.

Torniamo a vedere la distribuzione mondiale e, volendo sorvolare sugli improbabili casi degli unici due Stati con popolazione relativamente alta, Turkmenistan (6M) e Corea del nord (51M) che conteggiano “ZERO” casi, la diffusione appare comunque molto eterogenea.

I complottisti di fazioni avverse sostengono, a seconda di come gira il vento, che i numeri dei casi e dei deceduti in nazioni come Italia, Spagna, USA, Brasile, ecc. siano volontariamente gonfiati al solo scopo di terrorizzare l’opinione pubblica per far guadagnare le case farmaceutiche con la vendita di vaccini o cure inutili perché “è solo una normale influenza”, oppure, sul versante opposto, necessità politico-economico-militari impongano di nascondere la reale gravità della situazione per non mostrarsi deboli agli occhi delle potenze avversarie. Tra queste ultime possiamo contare, oltre alle citate Turkmenistan e Corea del Nord, nazioni come Cina, Mongolia, Russia, Libia, Siria, Yemen e molti stati africani, in cui i contagiati da virus, rapportati alla popolazione o i deceduti rapportati ai contagiati, appaiono irrisori.

Ci sono situazioni in molte Nazioni del Mondo che sfuggono alla nostra conoscenza perché non salgono alla cronaca dei giornali in quanto lontane ma soprattutto perché prive di interesse economico-mediatico per gli italiani, ma nelle “vicine” Libia, Siria e Yemen la pandemia è un problema minore rispetto alle guerre in corso che causano molti più decessi a causa di bombe, fame e torture. Di conseguenza i numeri del Coronavirus in questi Stati sono indubbiamente non attendibili. Aggiungerei che quelle guerre sono indiretta causa di parte del maggior numero di decessi in Lombardia dove non potevano essere fermate le produzioni in aziende strategiche per la nostra nazione: la vendita di armi agli stati in guerra.

Altra possibilità, come è verificabile dall’esiguo numero di tamponi effettuati, è il mancato conteggio dei casi effettivi in quasi tutto il continente africano e gran parte dell’America Latina e dell’Asia.

Leggendo il numero di casi in rapporto alla popolazione le analisi lascerebbero pochi dubbi sul fatto che non ci sia omogeneità nel metodo di conteggio sia dei contagiati, sia del numero di morti e sia del numero di guariti che in qualche Nazione hanno un andamento eccessivamente rapido.

So che la lettura di numeri per molti sia tediosa ma dai numeri si leggono molte realtà collettive e fanno capire come si evolve non solo la pandemia da Coronavirus ma la complessa mentalità di questo nostro Mondo.

Il prossimo aggiornamento non lo farò al raggiungimento dei 20 milioni di casi, sarebbe a meno di un paio di mesi da oggi, ma al raggiungimento del primo milione di decessi.

Sanità: Alisa vista da vicino… e non è un bel vedere! — La Bottega del Barbieri

Documento di SI COBAS PUBBLICO IMPIEGO. A seguire una nota della “bottega” e due consigli di lettura Non lo confesseranno mai, ma per gli interessi mercantili la PREVENZIONE è di intralcio in quanto “investimento improduttivo”. 25 altre parole

Sanità: Alisa vista da vicino… e non è un bel vedere! — La Bottega del Barbieri

Coronavirus ed i conti che non tornano

Oggi abbiamo superato la quota di 5 milioni di contagiati nel mondo, secondo le stime ufficiali.

A me il conteggio delle stime ufficiali non convince. Io leggo quotidianamente le statistiche offerte da http://www.worldometers.info/coronavirus e ritengo largamente sottostimate le quantità di contagiati e di morti. Nel corso di questo articolo utilizzerò i dati riferiti a ieri 19/05/2020 perché, a fianco del totale di contagiati e di deceduti è visibile per entrambe le categorie l’incremento giornaliero definitivo di ogni singolo Stato.

Prendiamo in considerazione la Cina. I suoi 82.960 casi accertati rispetto ad una Nazione la cui popolazione si attesta oltre il miliardo e 400 milioni di persone, mi sembra risibile se confrontato con i primi 8 paesi dell’elenco che hanno in totale meno di 1miliardo di abitanti ma registrano oltre 3 milioni e 240 mila positivi. Di sicuro non ha aiutato a creare chiarezza la mancanza di certificazione del numero di tamponi effettuati.

Analizziamo la sola Asia e consideriamo i primi 3 Stati colpiti da contagio, oggi in fase di azzeramento sia dei nuovi contagi e sia dei casi attivi. Si evidenzia che Cina, Korea del sud e Hong Kong hanno avuto un numero di contagi bassissimo e proporzionalmente pochissimi decessi: rispettivamente 5%, 2% e 0,4% dei contagiati.

Se si può immaginare un clima di facile gestione dell’emergenza ad Hong Kong che è stata immediatamente chiusa al mondo esterno e il cui lockdown è ancora parzialmente in atto, la Korea (e similarmente del Giappone) che non ha applicato i parametri di chiusura con la stessa rigidità, ha sicuramente un ammontare dei contagiati sottostimato. A maggior ragione, il dato cinese mi sembra invece volutamente non veritiero e sottodimensionato da 20 a 100 volte, vale a dire in una forbice compresa tra 1,6 e 8 milioni di contagiati con un’incidenza dei morti da 40 a 200mila

Sul fronte europeo, sebbene i governi di ciascuno Stato possano aver fatto benissimo o malissimo il proprio compito a tutela della popolazione, vi è una certa analogia tra i dati disponibili

Guardando i valori dalla Spagna alla Germania il numero dei contagi, anche in rapporto alla popolazione, resta in parametri paragonabili e giustificabili con le diverse politiche adottate dai vari Paesi. Certo che stride il confronto proprio tra Spagna e Germania per una differenza di contagi superiore alle 100mila unità a danno della Spagna, pur avendo quest’ultima appenda il 55% del numero di abitanti rispetto la Germania.

Il Belgio, evidenziato in giallo, ha vissuto una situazione anomala rispetto a tutti gli altri Stati europei portando il numero di decessi per milione di abitanti a 786 unità. Valore decisamente alto e maggiore di circa il 30% rispetto al secondo più alto (Spagna). Nei miei conteggi non prendo in considerazione gli stati troppo piccoli poiché anche un solo caso assumerebbe un peso proporzionale elevatissimo vanificando il confronto per disomogeneità dei dati.

Pur ammettendo che lo sviluppo del contagio possa dipendere dalla capacità organizzativa degli Stati, il numero dei guariti dovrebbe seguire una percentuale di discesa omogenea a meno che uno Stato non abbia trovato la cura e se la tenga solo per sé. Alla luce di ciò non riesco a spiegarmi la differenza di casi attivi tra Italia e Germania. La Germania ha iniziato ad avere i contagi quasi due settimane dopo dell’Italia ed il suo picco una settimana dopo. Non è spiegabile nemmeno col minor numero di casi Tedeschi rispetto a quelli italiani registrati subito dopo i rispettivi picchi. L’impressione è che il criterio per definire guarito un paziente sia diverso tra l’Italia (come la maggioranza degli altri stati europei) e la Germania.

Maggiormente evidente, vedi lo schema precedente, è la minor quantità di morti tedeschi rispetto alla media dei Paesi europei. Il numero di morti su milione di abitanti è circa 1/5 rispetto a quello di altri paesi. I morti in rapporto ai contagiati, in Italia è attualmente del 14%, in Germania del 4%. In Russia tale rapporto scende addirittura allo 0,9%. A difesa della Russia il fatto che il picco sembra sia stato raggiunto proprio in questi giorni, per cui ci vorrà qualche settimana per avere un numero più omogeneo, però temo che la tendenza, anche in questo caso, sia di tenere i numeri volutamente bassi. Probabilmente nè Germania e nè Russia conteggiano come morti Covid, pazienti deceduti per altre patologie pregresse ma aggravate dal Covid.

In questi giorni Asia meridionale, Sud America ed Africa stanno vedendo notevoli incrementi sul numero di contagi (le tabelle sono ordinate per numero di contagi aggiunti ieri) e ancora una volta, nei paesi di maggior densità abitativa si riscontra un minor controllo dei potenziali contagiati, registrando un numero di tamponi irrisorio. Mi domando come verrà giustificata la morte di un elevato numero di persone in India, Pakistan, Indonesia, Bangladesh dato che non stanno registrando il numero di contagiati che ci si aspetterebbe da paesi così popolosi. Anche l’America latina sembra che abbia sia sottovalutato il problema e sia nascosto un elevato numero di decessi. L’Africa è un discorso totalmente diverso. Un intero continente in cui solo alcuni stati nell’area del Maghreb più Sudafrica, Gibuti e Mauritius hanno effettuato uno screening del contagio sulla popolazione. La situazione, guardando i numeri sembrerebbe sotto controllo ma temo che il continente possa lamentare entro la fine dell’anno almeno un milione di morti.

Mi auguro che le mie convinzioni siano false, di essermi clamorosamente sbagliato perché se dovessero rivelarsi anche minimamente vicine alla realtà, oggi saremmo a circa 30 milioni di contagiati con circa 1-3 milioni di morti. E la fine della pandemia è ancora lontana.

Cronache da Coronavirus

Articolo pubblicato su Facebook nella pagina culturale del Comune di Battaglia Terme: “2020 Battaglia Terme scrive

Oggi, 01 aprile 2020 ho deciso di fare un punto della situazione su come ho vissuto finora questa emergenza del “Coronavirus”.

Perché ho messo la data, se ho già detto oggi? Essenzialmente perché tutte le giornate sembrerebbero uguali a sé stesse, non uscendo quasi mai da casa, se non facessi uno sforzo per enumerarle e tenerle presenti nella mia mente. Lo faccio, inoltre, per misurare il tempo passato da quando tutto questo è iniziato. Si, ma quando è iniziato? Le statistiche dicono che il fenomeno è diventato significativo dal 100simo caso di contagio accertato in poi, cioè dal 22-23 febbraio, però già da un paio di settimane se ne parlava. La prima data di contagio presente in Italia risale addirittura al 29 gennaio e non stupisce che le misure di emergenza fossero state pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 31 gennaio, spinti dalla preoccupazione per la propagazione dei contagi in Cina.

Ma se guardassimo bene nei nostri ricordi forse ci verrebbe in mente l’annuncio “visionario” di uno strano virus in Cina pubblicato da qualche giornale on-line sin dall’inizio dell’anno.

Questo vuol dire che sentiamo parlare di virus da quasi 3 mesi.

All’inizio era solo una curiosità, col dubbio sull’autenticità, ma soprattutto era un problema di altri, dei cinesi che sono lontani e tanti.

Poi sono arrivate le cronache più puntuali dalla Cina ed abbiamo appreso che in quell’immenso Stato ci sono città enormi ed ultramoderne con milioni di persone; “Ed io che pensavo fosse tutta campagna!” Non moriva la povera gente di periferia o delle zone depresse ma la classe media nella grande città: abbiamo capito che non era uno scherzo! Però, “finché sta là… non è un problema mio”.

I nostri ricercatori, sebbene precari e malpagati sono i migliori al mondo. Noi lo freghiamo questo virus. Pensa che una ragazza ha isolato la variante italiane del virus. Siamo proprio avanti!

E’ diventato un problema nostro quando abbiamo scoperto che il vicino di casa, l’amico che vediamo ogni settimana in palestra, il compagno di squadra con cui condividiamo lo shampoo e il tipo che vediamo sempre al bar, proprio quello che sputacchia in giro quando ride, vanno spesso in Cina per motivi di lavoro; Pure lo smart-watch che abbiamo al polso viene prodotto proprio là dove stanno avendo tutti questi problemi, così come il pannello solare che è montato sul tetto e persino alcuni capi d’abbigliamento di marca che teniamo nel nostro armadio sono prodotti in Hubei. Allora i problemi non sono più solo loro, solo dei cinesi. I problemi li abbiamo anche noi. In casa.

20/02    Primo caso di coronavirus per paziente italiano. Non ha avuto contatti con la Cina o con cinesi. Non si sa nemmeno come abbia contratto il virus. E’ avvenuto a Codogno, nel Lodigiano.

Non ricordavo nemmeno che esistesse una provincia di nome Lodi. Le nuove provincie sono nate come funghi, anzi si sono moltiplicate come i virus e non sono più le stesse imparate a scuola. Ma tanto è in Lombardia, vedrai che qui in Veneto non ci arriva ‘sto virus.

21/02   Era questo lo stato d’animo generale quando ho scoperto che una persona di Vo’, paese non vicinissimo a Battaglia Terme ma ad uno sputo di distanza in linea d’aria, ha il Coronavirus ed è stato ricoverato a Schiavonia. “Ma come Schiavonia; ci sono stato ieri! Sono in pericolo pure io?”

22/02   Così sono partite le prime segregazioni in Veneto, a cominciare da Vo’, Mira e pure tutto il personale medico ed infermieristico di Schiavonia e migliaia di persone che sono state a contatto con luoghi e persone di quei luoghi.

23/02   Si dà la caccia al paziente 0. Ma è davvero importante sapere chi è il paziente 0?

24/02   I bambini sono felici perché in pausa scolastica per il carnevale e sentono dire che forse non rientreranno in classe mercoledì 26. “Che bello prosegue la festa! Torneremo a scuola lunedì 29.”

25/02   In patronato si sentono le risate e le urla dei ragazzi che in questo periodo popolano il campo di calcetto, di basket e corrono avanti e indietro dal bar del patronato.

26/02   Vietati i raggruppamenti di persone, anche per motivi religiosi. Salta il Mercoledì delle Ceneri. Non era mai successo. (faccina sorpresa).

Non ci sono direttive veramente chiare ma sembra sia vietato stare a contatto. Come fare per gli allenamenti di rugby? Li facciamo ma senza placcaggi, solo corsa e gioco al “tocco” e alle spalle. Che palle!

27/02   Impariamo un’altra parola: droplets. Sono le goccioline emesse durante la respirazione e mentre si parla. Restare a distanza di un metro dagli altri ci salverà la vita.

28/02   Sembra che il mondo intero sia passato da Codogno e da quella piazza si partita la contaminazione in gran parte della Lombardia, dell’Europa, dell’Australia e degli Stati Uniti.

29/02   Una nostra concittadina che vive da 4 anni ad Hong Kong ci aggiorna su come stanno vivendo in quella megalopoli al tempo del Coronavirus e scopriamo che la cosa più importante è non finire le scorte di carta igienica, sapone, alcool e altri tipi di prodotti. Le scuole da loro sono chiuse da diverse settimane. Ma da noi non succederà. Siamo più bravi noi.

Arriva la conferma che la scuola non riaprirà prima di giorno 3 marzo.

01/03   Niente Messa. Non era mai successo. Nemmeno ai tempi delle persecuzioni dei Cristiani. A quei tempi celebravano la messa di nascosto, non la saltavano. Adesso non ci sono nemici che impediscono la celebrazione ma è il trovarsi assieme come Comunità che diventa il pericolo!

Gli anziani che frequentano il patronato decidono che è meglio per la loro salute annullare tutti gli incontri di gioco a carte.

02/03   Giornata complicata non si capisce bene cosa sia consentito fare e cosa no. Intanto la chiusura della scuola è prorogata fino al giorno 07/03

E’ vietato ogni assembramento di persone. Nemmeno all’aperto. Chiude il patronato e i ragazzi sono costretti a rimanere a casa. A mia memoria, non era mai successo. Anche quando erano stati fatti lavori di ammodernamento e messa in sicurezza, il bar era chiuso ma i campi erano sempre stati pieni di ragazzi che giocavano. Adesso il silenzio è quasi assordante.

03/03   Le zone rosse diventano più grandi. Si è passati dai comuni alle provincie e l’apprensione popolare aumenta.

04/03   Scuole chiuse fino al 15/03. Campionato di calcio a porte chiuse. Salta il primo allenamento di rugby (faccina con lacrima pendente dall’occhio).

07/03   Saltano le partite del 6 nazioni di rugby

08/03   La situazione peggiora. Nonostante tutte le misure prese, i numeri cominciano ad aumentare. Si chiudono diverse regioni del Nord. Chiusi bar e ristoranti. Si assiste alla fuga verso il Sud ritenuto più sicuro ma si rivela un boomerang.

La scuola è chiusa fino al 03/04.

Da questa data ogni giorno per me è diventato uguale agli altri. Non rientro al lavoro. In molti luoghi di lavoro si cominciano a mettere seriamente in atto politiche di riduzione del personale. Il settore della ristorazione per primo e subito dopo il turistico avvertono immediatamente la crisi e fioccano licenziamenti, iniziati già da metà febbraio. Altri settori produttivi segnalano problemi. I supermercati non ricevono dei veri e propri assalti ma alcuni prodotti non si trovano più sugli scaffali.

Siamo tutti a casa. Sono molte le case che si trasformano in uffici. Non tutti sono attrezzati per farlo. Non ci sono sufficienti numeri di scrittoi o tavoli, stanze isolate dagli altri componenti della famiglia per poter lavorare e studiare in 3, 4 o anche più nella stessa casa. Io e mio figlio condividiamo la stessa scrivania: entrambi con pc, cellulare e cuffiette per le telefonate. Bisogna stare attenti a non intralciarci e finora ci siamo riusciti. Mia figlia alterna il tempo tra lo studio, la pittura e la cucina. Mia moglie ha scoperto il nuovo mondo dell’insegnamento on-line senza nessuna preparazione specifica, nessuna piattaforma informatica collaudata e condivisa per il lavoro in gruppo e con le limitazioni dovute alla mancanza di strumenti informatici equamente distribuiti ad insegnati ed alunni oltre a problematiche di privacy.

Adesso tutta l’Italia è zona rossa. Sono vietati baci, abbracci e strette di mano. Non ci si può muovere nemmeno da un comune all’altro se non per comprovati motivi che diventano ogni giorno di meno, dato che sempre più attività produttive vengono inserite tra quelle “non essenziali”.

Uscire per fare la spesa ormai è l’unico lusso che riesco a permettermi. Trovo assurdo incontrare gente al supermercato e salutarla distrattamente con un cenno del capo come se non ci conoscessimo bene, senza iniziare discorsi, senza avvicinarmi. Faccio anche fatica a riconoscere le persone nascoste dietro le mascherine protettive.

Per me che sono allergico alla competizione politica, il Coronavirus porta una buona notizia. Alcuni personaggi sia della maggioranza e sia dell’opposizione sono eclissati dal Premier, e hanno smesso di far parlare di loro. Lui occupa lo schermo televisivo ormai quasi tutte le sere. Ci sono ancora alcuni lupi solitari che fanno la crociata personale contro taluna o talaltra persona ma tutti sanno che non si sta giocando più. Adesso c’è l’emergenza, quella vera non quella millantata per tenere il popolo in preda alla paura. Adesso mettersi al timone della Nazione c’è veramente il rischio di fare danni se si sbaglia, meglio lasciar fare agli altri. A cose fatte si può sempre dire che io avrei fatto meglio, e così scema il livello del dibattito politico, ci si può concentrare sui problemi veri, anche quelli economici e si avverte una timida ripresa della collaborazione tra le parti. Non c’eravamo più abituati e non ci sembra vero.

Infatti, dura poco. Per verificare la solidità delle scelte centrali Si utilizzano personaggi secondari, seppur di rilievo a livello regionale. Loro, indipendentemente dal colore politico, hanno il compito di andare contro tutto quello che viene fatto dal Governo. Sono le teste d’ariete per scalfire la solidità di ogni decisione presa. Se non ci riescono, rischiano di bruciarsi politicamente solo loro, salvaguardando i grossi nomi politici che possono giocare dalla seconda linea per ritornare protagonisti quando la situazione rientrerà nella normalità.

Cosa resterà di questo periodo in cui tutto sembra freezzato?

Non c’è la scuola, con ci sono gite, non si fanno le passeggiate al parco o sui colli, non ci si incontra, non si va a messa, allo stadio, al bar, al ristorante, al cinema, dal barbiere, dal parrucchiere, dall’estetista. Nessun tipo di allenamento se non quello domestico. Non si possono nemmeno andare a trovare gli anziani. E’ per il loro bene, viene detto. Ma questa è la ferita più dolorosa: lasciare gli anziani soli. Come se non si sentissero già abbandonati.

L’unica cosa che sembra essersi rinvigorita è la cooperazione tra le persone, sia tra i singoli e sia tramite le associazioni di volontariato, Protezione Civile in testa.

Quando tutto sarà finito, mi auguro che riusciremo a ricordarci che ci sono cose più importanti del correre continuo, a cominciare dalla solidarietà. Bisognerà evitare la diaspora civile in cui tutti torneremo a pensare a noi stessi, ai nostri piccoli tornaconti, dimenticando il bene comune.

Auguro infine all’Italia e all’Europa che i toni della politica restino quelli della comunicazione civile sperimentati in questi giorni, abbandonando definitivamente il linguaggio degli insulti e della provocazione.

Ho smesso di contare i giorni ma non voglio abituarmi all’idea di vivere nell’emergenza virus. Prima o poi sconfiggeremo questo piccolo essere che sta provocando danni enormi.