I La rappresentante di Lista ed il loro Ciao Ciao

Questo gruppo musicale ha un qualcosa di strano, di anomalo. Sfugge a qualsiasi definizione e non è nemmeno semplice capire se piacciono o non piacciono, di sicuro attirano, catalizzano l’attenzione ma soprattutto comunicano. Comunicano con l’esperienza acquisita attraverso il loro trascorso teatrale che conferisce la capacità di stare in scena proponendo stranezze in musica, parole ed immagini.

La prima stranezza sta nel singolare del nome del gruppo, pur trattandosi di un gruppo e quindi di un plurale. Colpisce pure che venga messo l’accento sul femminile. Allora molti si pongono la domanda se non sia più corretto parlare di una cantante, Veronica Lucchesi, con il tastierista al seguito, Dario Mangiaracina, piuttosto che di un duo musicale. Invece lo spessore musicale e l’esperienza artisitica appartiene ad entrambi e la confusione sul genere è propedeutica per sorvolare sull’importanza attribuita genere per soffermarsi piuttosto sulla sostanza artistica.

La seconda stranezza è che non si tratta solo di un duo ma altri artisti ruotano attorno a loro come accompagnatori e coadiuvatori nella scrittura di testi e musica. Ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte ad una accademia artistica che coinvolge nei propri progetti i performer che riescono a mettersi in sintonia con loro e che danno il contributo per reciproca crescita professionale ed artistica.

La terza stranezza è che durante tutta la loro carriera hanno rifuggito qualsiasi classificazione specifica definendosi come gruppo queer-pop dove l’aggettivo queer trascende dalla sua origine ed è inteso proprio come eccentrico, strambo ed appunto sfuggevole, con l’intento di cambiare continuamente.

La quarta stranezza riguarda il fatto che un gruppo così ironico ed autoironico sia altrettanto concreto sulle problematiche sociali come testimonia il libro scritto a quattro mani da Veronica e Dario, Maimamma e dal quale è indirettamente tratto il loro ultimo successo musicale.

Tralasciando tutto il percoso artistico che ha portato il duo sul palco di Sanremo nel 2022, per il secondo anno consecutivo, mi soffermo sul brano Ciao, ciao che a sua volta è un condensato di contraddizioni e stranezze.

Il pezzo è trainato dalla musicalità a metà tra i ballabili degli anni 70 e le sonorità urbans e tribali dei giorni nostri. La ripetitività delle parole lo rende facile da memorizzare, con un destino da tormentone ed infatti lo cantiamo tutti. Ma qualcuno ha ascoltato veramente le parole? Mentre cantiamo il ritornello a cosa stiamo veramente dicendo ciao? Diciamo ciao alla nostra Terra che è sull’orlo di una catastrofe e per la quale non sappiamo cosa salvare per prima, a chi dare la nostra priorità. Vedendo il nostro destino segnato sulla terrra che sparirà l’unica cosa che ci resta è quella di scambiarci il saluto con tutto il nostro corpo. Uno scambio di fisicità dove è l’amore tra le entità umane che emerge (che paradosso: lo scambio fisico salva l’umanità mentre per salvarci dal virus abbiamo ripudiato gli abbracci come se fossero essi stessi la causa della pandemia).

Tutto è destinato a finire per sempre però c’è una speranza e siamo noi, noi che possiamo tentare di opporci alla fine del mondo diventando protagonisti e riprendendoci la capacità di fare le scelte più opportune contro il cambiamento climatico e soprattutto ritornando ad amarci come genere umano con tutto il corpo ciao, ciao.

Invece, proprio nell’approssimarsi della fine, l’egoismo fa peggiorare la situazione accentuando la crisi attraverso l’esasperazione dei conflitti fino ad arrivare alla guerra mondiale. E in questo caso c’è veramente poco da fare solo dirsi un ultimo ciao ciao velato di tristezza e di rammarico per tutto ciò che poteva essere e non sarà più.

Ecco svelato il messaggio: con le mani, con i piedi, con tutto il corpo diciamo ciao ciao. Cantiamo, balliamo, ridiamo, scherziamo, amiamo ma dobbiamo restare concentrati sulle cose che possono salvare la vita sulla terra.

Un tempo si diceva “sono solo canzonette” ed invece sono inni pregni di messaggi, basta saperli ascoltare. Ciao, ciao.

Sanremo 2021

Piccola intromissione nel mondo della musica – di Mauridibe

Quest’anno ho seguito tutte le serate del festival di Sanremo, pur con le immancabili pause di sonnolenza da metà trasmissione in poi. La visione è stata quasi una scelta obbligata, non solo dal piacere di seguire la kermesse alla quale sono legato da anni, da quando con i miei fretelli e genitori facevamo la classifica casalinga, ma anche e soprattutto perché quest’anno eravamo tutti più o meno relegati in casa. Eppure non mancava la concorrenza dei canali tradizionali e delle piattaforme web. Unica critica che muovo all’attuale formula è la durata eccessiva delle serate. Io conterrei la durata di tutte le serate entro la mezzanotte e mezza. Del resto ciò che aumenta la durata sono l’anteprima, gli ospiti e le pubblicità, non l’essenza del concorso canoro. quindi da qualche parte si può riuscire a limare le tempistiche.

Ma veniamo ai vincitori ed ai vinti di Sanremo. La classifica è ormai di dominio pubblico come i testi e le musiche delle canzoni sono entrati nelle orecchie e nelle menti anche dei meno attenti.

Sono felice per la vittoria dei Maneskin, anche se non erano i miei preferiti in assoluto. Hanno presentato un pezzo certamente poco sanremese ma molto carico di energia positiva, un rock tendente al punk e con un tema molto delicato quanto lo è la lotta contro i pregiudizi, qualsiasi tipo di pregiudizio. Un festival che più di un concorso musicale tende ad essere una sfilata di moda, ha giudicato più le apparenze ed il look eccessivamente aggressivo dei 4 giovani vincitori, che non il brano in sè stesso. Solo l’intervento del televoto in cui la componente giovanile ha avuto un peso determinante, ha ribaltato i pronostici che davano per vincitore Ermal Meta. Uno degli aspetti che mi ha colpito positivamente del brano “Zitti e buoni” è stato vedere l’orchestra che si esibiva in virtuosismi che coinvolgevano molto il movimento del corpo, quasi fossero costretti a danzare sulle note che stavano suonando. Questo è già un indice della qualità musicale che andavano ad accompagnare.

Il secondo posto del duo Francesca Michelin e Fedez con Chiamami per nome mi ha sorpreso più della vittoria dei Maneskin. Il vento dei social li ha spinti molto più avanti di dove si trovavano la sera prima. Un brano senza infamia e senza lode, ben cantato ma uno dei tanti, non particolrmente accattivante. L’intesa che hanno creato i due giovani artisti fa presagire nuove future collaborazioni. A furia di tentare, chissà che non venga fuori il pezzo super.

Ermal Meta con Un milione di cose da dirti. Il brano è molto dolce ma assolutamente anonimo dal punto di vista musicale. Oserei dire che nelle votazioni delle prime serate era assolutamente sovrastimato e che il podio è una bella consolazione, la vittoria sarebbe stata un eccesso.

Oltre il podio, ci sono altri interpreti che si sono fatti notare e che secondo me meritano un breve commento personale.

Colapesce e Dimartino hanno portato un pezzo molto orecchiabile, io li avrei visti sul podio se non addirittura vincitori però temo che il mio campanilismo mai sopito, mi spinga ad essere più indulgente verso di loro. Il brano tratta, anche se non direttamente, il tema della necessità di evasione dal nostro tempo pandemico e da tutte le restrizioni fisiche e sociali ed allora ci viene incontro una musica leggera anzi leggerissima per non farci cadere nel buco nero. Un testo quindi apparentemente frivolo ma intensamente legato ai rischi psicologici del periodo che stiamo vivendo. Che il pezzo fosse meritevole di attenzione lo dimostra la vittoria del premio Lucio Dalla assegnato dalla sala stampa.

Willie Peyote è una rivelazione ed ha avuto un ottimo piazzamento con mai dire mai, grazie al tema che ha affrontato, sulla crisi di valori e la tendenza a seguire le varie bandiere e mode senza un ideale concreto. Piacevole il ritornello. Bella l’idea ma difficilmente l’avrei votato.

Max Gazzè, uno dei miei cantanti preferiti mi ha deluso. Belle le performance dal punto di vista dello spettacolo ma il brano, Il farmacista, pur avendo una propria originalità e la solita ironia del cantautore romano, sembra un film già visto. Peccato perché è allegro ed orecchiabile e sarà un sicuro successo commerciale ma non era il massimo per Sanremo.

Mi fermo a questi interpreti anche se su 26, ce ne sono tanti che hanno attirato la mia attenzione per un motivo o per un altro. Tra questi cito solo La rappresentante di lista. Anche in questo caso il look ha avuto un impatto superiore alla performance in se stessa e devo dire che il brano Amare mi è piaciuto di più agli ascolti alla radio che non durante le 4 serate.

Sanremo è sempre Sanremo. Si può amare o odiare ma non restarne indifferenti. Amadeus e Fiorello l’hanno reso meno formale e bacchettone che non in passato. Mi auguro che la corsa al presentatore dell’anno prossimo sia effettuata con mentalità più aperta che non nel recente passato. Si parla molto delle disparità uomini/donne e da molto tempo sostengo che in Italia sarà veramente parità quando vedremo un Sanremo presentato da una donna di elevato spessore artistico. Non ne mancano in Italia. Qualche anno fa avrei visto di buon occhio una presentazione di Raffaella Carrà o di Loretta Goggi, oggi, tra le donne Rai c’è Milly Carlucci ma se fossi io a scegliere, darei carta bianca già da subito ad Adrea Delogu che ha tutte le caratteristiche e le possibilità di dirigere e presentare il più importante evento musicale, di costume e televisivo italiano.

Libri & Jazz

La calura estiva inizia a scemare e qualche comune organizza, con estrema fatica, le attività culturali di questa estate giunta quasi al termine tra l’euforia della fine del periodo acuto dell’emergenza Covid ed il timore di nuovi focolai. Ci vuole la giusta misura tra iniziative inedite ed il contenimento dell’epidemia.

In questo clima e nella cornice dell’elegante parco Pietro d’Abano a Battaglia Terme, sono riuscito a gustare una pregiatissima serata di Jazz accompagnata da letture di Marco Ferraro tratte dal libro “Natura morta con custodia di sax” di Geoff Dyer.

Scoprire pensieri e scorci di vita dei musicisti che hanno fatto la storia della musica hanno reso più orecchiabili e più penetranti i brani jazz, sentiti decine di volte in passato e mirabilmente riprodotti dal CVC Jazz trio, in accompagnamento al sax e clarinetto basso di Salvatore Pennisi.

Ascoltare il Jazz mi dà la conferma che la musica è eterna, perché reale espressione dell’anima del compositore. Ogni nota mi parla di vita. Che sia dolcezza, amore, disperazione, sofferenza o follia, per me il jazz contiene sempre passione ed è questa passione che mi fa sentire attuali le note scritte dai 70 ai quasi cento anni fa.

I jazzisti, quando eseguono i brani dei giganti del passato, sanno che non possono limitarsi a ripetere i suoni e i silenzi ma devono mettere la loro anima nel fiato che attraversa il sax o la tromba, nelle dita che accarezzano i tasti del piano o le corde del contrabbasso e nel movimento dei polsi che muovono le bacchette per picchiare su piatti e tamburi della batteria.

La serata finisce e vado a casa con le vibrazioni del contrabbasso che risuonano nelle viscere mentre il ricordo delle note acute del sax mi regalano quella malinconica eccitazione tipica del jazz, accompagnata dall’allegria della batteria e della chitarra. Sullo sfondo le storie di molte vite travagliate che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica.

Bird, 100 anni fa (e volando per sempre) — La Bottega del Barbieri

tre tappe per conoscere o ritrovare Charlie Parker Qui in “bottega” volevamo ospitare una ricca, succulenta scor-data per il centenario della nascita di Charlie Parker, scrivendo noi qualcosa ma soprattutto rubacchiando qua e là. 28 altre parole

Bird, 100 anni fa (e volando per sempre) — La Bottega del Barbieri

Lars, che cosa sono le cover per i Metallica? — Allarme Rock

Scoprirai perchè “il materiale altrui costituirà sempre una parte significativa del DNA dei Metallica.” E, soprattutto, che loro stessi sono dei veri fan…

Lars, che cosa sono le cover per i Metallica? — Allarme Rock

Musica live

Mi trovo in un parco. Potrebbe essere uno dei tanti parchi che arricchiscono ed ingentiliscono i nostri paesi e le nostre città ed in questo caso mi trovo nel parco di Battaglia Terme. Sul palco, al centro del viale centrale, immerso tra alberi secolari, un eterogeneo gruppo di strumentisti si sta esibendo. Nulla di anomalo, capita così in molte città virtuose, se non fosse che non tutti i musicisti si conoscono tra loro e stanno suonando i propri strumenti o quelli messi liberamente a disposizione del pubblico.

È penetrante il suono della musica e sento le vibrazioni che mi costringono a muovere le braccia, battere il piede e ondeggiare il fianco. Man mano che aumenta l’attenzione con cui ascolto la musica, mi rendo conto di quali possano essere le emozioni che provano questi artisti, mentre cercano la giusta intesa tra sé stessi e i propri strumenti e con i compagni d’avventura, catturando la nota del basso ed il ritmo della batteria per costruire la loro improvvisazione affinché il proprio contributo sia sinergico nel gruppo, che non sovrasti altri suoni e che faccia parte di un’unica armonia.

Gli strumentisti si alternano, dando spazio anche ai più piccoli che provano questa nuova esperienza di suonare alla pari con gli adulti. Il tutto sotto gli occhi di un pubblico distratto che forse non ha capito appieno la magia che sta avvolgendo il palco dove voci diverse formano un unico coro trovando la giusta intesa sonora.

Quanto mi piacerebbe vedere la stessa intesa tra le persone comuni, in famiglia, per strada, nei luoghi di lavoro e di impegno sociale. Invece, mediamente siamo più attenti a sottolineare le differenze, le opinioni divergenti piuttosto che ricercare la sintonia, l’armonia e la voglia di stare bene assieme, indipendentemente dallo strumento che abbiamo.

La sessione di improvvisazione, finisce, i grilli e le cicale riprendono il loro spazio musicale, oscurato solo per un paio d’ore dalla magia dell’incontro di liberi talenti.