William Shakespeare. Commedie per ricordare la giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Ho finalmente completato la lettura di una raccolta di commedie dell’eclettico drammaturgo inglese. La prima impressione che ne ho ricavato è stata relativa allo scrittore. Per me Shakespeare era un uomo al quale piaceva divertirsi. Inseriva infatti, anche nelle storie più tristi un aspetto grottesco se non brillante. Immagino l’autore nel suo studio che pensa alle battute da scrivere per i suoi personaggi e nel frattempo gli viene un lampo di genio e inserisce una frasetta spiritosa, la costruzione di un equivoco o i giri di parole per creare una truffa.

Successivamente non ho potuto fare a meno di constatare che la sua scrittura è principalmente diretta ad una fascia sociale ben determinata. In effetti siamo ancora nel periodo in cui l’arte era a totale appannaggio dei benestanti che potevano pagare il biglietto del teatro. Mi viene da pensare che però il nostro William deve aver avuto un contatto molto ravvicinato con la parte popolare perché in ogni sua commedia, l’azione, pur essendo imperniata su personaggi di alto lignaggio, molto spesso coinvolge in maniera diretta o indiretta un popolano. Ed è sul palcoscenico che popolàno e signore assumono la medesima visibilità, parlano entrambi con la stessa voce autorevole al pubblico.

Shakespeare utilizza in maniera innovativa i monologhi facendo uscire pensieri, considerazioni e psiche dei suoi personaggi e ci aiuta a capirli ed analizzarli nel profondo.

Altro aspetto che mi ha sempre incuriosito è quello dell’ambientazione. Non si hanno notizie di viaggi in mete europee, però le commedie e i drammi di Shakespeare sono ambientati oltre che in Inghilterra in molti altri stati europei, compresa l’Italia e per la quale cito a solo titolo di esempio Verona (Romeo e Giulietta), Venezia (il mercante di Venezia), Padova (La bisbetica domata) e Messina (Molto strepito per nulla). Se ne deduce che, sebbene non vi sia certezza che abbia compiuto studi accademici, evidentemente aveva una cultura storica e geografica ben strutturata, forse autodidatta.

Infine, facendo il parallelo tra i vari testi scopro in Shakespeare un atteggiamento di profondo rispetto e stima nei confronti delle donne. Non solo le ama per la loro bellezza, le stima e ci restituisce di loro un’immagine quanto mai attuale. Non le vede sottomesse agli uomini, pur essendo pienamente in armonia con le consuetudini dei tempi narrati. Sembra che egli le immagini più intelligenti e determinate degli uomini. Sono le donne le cause che generano l’azione e spesso sono loro che ne determinano l’epilogo. Gli uomini, anche quando hanno un elevato numero di battute, sono poco più che comparse se confrontate alle poche ma determinanti battute delle donne. E non si tratta si semplice galanteria ma di vero rispetto. Siamo lontani dalle considerazioni egalitarie dei giorni nostri ma siamo anche distanti dalle mancanze di rispetto e considerazione delle donne alle quali abbiamo assistito nel corso della storia umana e che continuiamo a vedere ancora adesso. Pur essendo vissuto nel tardo 1500, l’atteggiamento di Shakespeare nei confronti delle donne appare essere decisamente moderno.

Credo sia questo il segreto per cui Shakespeare è sempre stato così tanto amato dal pubblico. Non solo perché le sue storie sono romantiche o ironiche o drammatiche ma perché scava nel cuore e nella mente dei protagonisti e ci parla di rispetto.

Omaggio al Teatro

14 maggio 1947, nasceva il Piccolo Teatro di Milano per volontà di Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi.

Ricordare oggi il Teatro, non solo il Piccolo ma tutti i teatri e di tutti i generi, ha una valenza enorme per un settore duramente colpito dall’emergenza Coronavirus e per il quale la data di ripresa è molto incerta e sicuramente andrà oltre il termine di quest’anno solare (per gli scaramantici, che abbondano nell’ambito teatrale, ricordo che questo è un anno bisestile). Attori, registi, maestranze, orchestre, cantanti e tutte le persone che orbitano nel variegato mondo dello spettacolo si trovano ad affrontare una durissima crisi che inciderà anche dopo la riapertura dei teatri.

Il Piccolo, di cui oggi si festeggia il 73° anno dalla fondazione, fu il primo teatro pubblico italiano, di quelli poi detti “stabili” per distinguerli dai teatri itineranti. Nel suo programma c’era l’intenzione di essere un teatro d’arte, cioè di non inseguire solo l’immediato successo del pubblico ma di privilegiare un teatro artistico, pur meno remunerativo, e di orientarsi a tutto il pubblico anche dei ceti medi, con una politica di prezzi bassi. Grassi sosteneva infatti che la massa non andava a teatro per motivi economici e non per mancanza di desiderio o di cultura.

Senza entrare nelle varie peripezie storiche ed artistiche del Piccolo, legate agli eventi sociali attraversati dall’Italia, vale la pena ricordare che il Piccolo ha moltiplicato le sue sedi fino alle attuali 3: Teatro Grassi in via Rovello (prima e storica sede nel palazzo Carmagnola), Teatro Studio in via Rivoli e Teatro Strehler in largo Greppi. Negli anni ’60 il Piccolo aveva raggiunto le periferie portando le rappresentazioni in un teatro tenda.

La definizione di Teatro d’Europa viene data al Piccolo nel 1991 per la sua profonda vocazione europeista ma solo nel 2017 viene confermata ufficialmente tramite DM 332 del 27 luglio.

L’interesse del Piccolo a creare e diffondere cultura teatrale si manifesta anche con la nascita, nel 1987 di una Scuola di Teatro, intitolata a Ronconi, che ha formato decine di grandi artisti.

Io sono legato al Teatro per varie motivazioni. Ho seguito un corso teatrale con l’associazione “Adesso viene il Bello” di Beatrice Bello e nei 5 anni di corso ho capito quanto il teatro sia un messaggero di cultura, di formazione umana e sociale e quanto sia in grado di far lavorare la parte emotiva del nostro cervello. Nella foto, il saggio di fine corso 2016 con una delle mie migliori interpretazioni.

Da ragazzo seguivo con molto interesse l’Opera Lirica nell’imponente Teatro Massimo Bellini di Catania. La lirica aggiunge alla tipica rappresentazione teatrale la magia della musica e la difficoltà del canto lirico. L’emozione che riesce a trasmettere è enorme.

Qualunque sia il tipo, evviva sempre il Teatro che vive di passione e trasmette passione. Non lasciamolo morire.