Demis Caccin – Gli specchi di Dionisio

Opera prima di questo novello autore che sicuramente riuscirà a catturare l’attenzione di molti lettori, Gli specchi di Dionisio è una racolta di racconti che ad una prima lettura lasciano disarmati. Da un lato lo stile letterario ben costruito, con una raffinata ricerca del lessico, che danno l’impressione di leggere un testo di autori classici, dall’altro gli argomenti trattati che non sono di immediata comprensione e che attingono molto da un mondo onirico in cui la realtà non è perfettamente distinguibile dalla fantasia del sogno o delle proiezioni create dalle personali paure.

I racconti, seppure separati ed indipendenti l’uno dall’altro, sono diligentemente raccolti in una cronologia che va dal periodo preistorico in cui i protagonisti vivono nelle caverne, ai giorni nostri in cui l’uomo è immerso nelle continue contraddizioni della nostra modernità. Se vogliamo trovare un comune filo conduttore nei diversi racconti possiamo dire che questo sia la ricerca della conoscenza. Conoscenza del sè, delle reali potenzialità della mente umana, della taumaturgia e dello sciamanismo col fine ultimo della cura.

In nessuno dei racconti la conoscenza o l’erudizione nasce da sè, improvvisamente, ma necessita del ricorso all’ascolto di maestri, saggi, alchimisti, sacerdoti di dottrine religiose o dottrine sociali elevate a dogmi dalla fede dei proseliti. Ai maestri non è possibile trasgredire, pena l’isolamento o la morte. Solo chi ha la pazienza di ascoltare e mettere in pratica a lungo gli insegnamenti può verificare il proprio stato di illunìminazione attraverso alcune prove di iniziazione che portano a diventare a propria volta maestri o semplicemente prendere atto della propria maturità per vivere in maniera cosciente, lenire i dolori del fisico e della psiche a vantaggio delle persone non illuminate del proprio villaggio o cerchia sociale. Si può arrivare a insinuare il dubbio in persone che vivono da anni seguendo la propria prassi religiosa forse non sorretta da una adeguata fede, anche se il costo è quello della propria vita, persa senza rimpianti perché con la convinzione di seguire la propria giusta via.

Credo che l’autore voglia spingere il lettore ad elevare il proprio pensiero e la propria curiosità consigliandogli di non soffermarsi solo sulle cose oggettive, materiali ma di chiedersi se ci sia una dimensione più spirituale da scandagliare. Non dà soluzioni, non suggerisce una religione piuttosto che un’altra ma richiama fortemente l’attenzione alla dimensione trascendentale che da sempre è stata presente nella nostra umanità ma che la materialità del nostro secolo ha fatto passare non solo in secondo piano ma addirittura additata come risibile.

Non è una lettura facile, non è per chi vuole dilettarsi con qualcosa di leggero o che dia sicurezze, bensì è una lettura che attraverso racconti simili a favole gotiche stimola e spinge alla ricerca. Buona ricerca a chi avrà il piacere di incontrare questo libro sul proprio cammino.

I La rappresentante di Lista ed il loro Ciao Ciao

Questo gruppo musicale ha un qualcosa di strano, di anomalo. Sfugge a qualsiasi definizione e non è nemmeno semplice capire se piacciono o non piacciono, di sicuro attirano, catalizzano l’attenzione ma soprattutto comunicano. Comunicano con l’esperienza acquisita attraverso il loro trascorso teatrale che conferisce la capacità di stare in scena proponendo stranezze in musica, parole ed immagini.

La prima stranezza sta nel singolare del nome del gruppo, pur trattandosi di un gruppo e quindi di un plurale. Colpisce pure che venga messo l’accento sul femminile. Allora molti si pongono la domanda se non sia più corretto parlare di una cantante, Veronica Lucchesi, con il tastierista al seguito, Dario Mangiaracina, piuttosto che di un duo musicale. Invece lo spessore musicale e l’esperienza artisitica appartiene ad entrambi e la confusione sul genere è propedeutica per sorvolare sull’importanza attribuita genere per soffermarsi piuttosto sulla sostanza artistica.

La seconda stranezza è che non si tratta solo di un duo ma altri artisti ruotano attorno a loro come accompagnatori e coadiuvatori nella scrittura di testi e musica. Ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte ad una accademia artistica che coinvolge nei propri progetti i performer che riescono a mettersi in sintonia con loro e che danno il contributo per reciproca crescita professionale ed artistica.

La terza stranezza è che durante tutta la loro carriera hanno rifuggito qualsiasi classificazione specifica definendosi come gruppo queer-pop dove l’aggettivo queer trascende dalla sua origine ed è inteso proprio come eccentrico, strambo ed appunto sfuggevole, con l’intento di cambiare continuamente.

La quarta stranezza riguarda il fatto che un gruppo così ironico ed autoironico sia altrettanto concreto sulle problematiche sociali come testimonia il libro scritto a quattro mani da Veronica e Dario, Maimamma e dal quale è indirettamente tratto il loro ultimo successo musicale.

Tralasciando tutto il percoso artistico che ha portato il duo sul palco di Sanremo nel 2022, per il secondo anno consecutivo, mi soffermo sul brano Ciao, ciao che a sua volta è un condensato di contraddizioni e stranezze.

Il pezzo è trainato dalla musicalità a metà tra i ballabili degli anni 70 e le sonorità urbans e tribali dei giorni nostri. La ripetitività delle parole lo rende facile da memorizzare, con un destino da tormentone ed infatti lo cantiamo tutti. Ma qualcuno ha ascoltato veramente le parole? Mentre cantiamo il ritornello a cosa stiamo veramente dicendo ciao? Diciamo ciao alla nostra Terra che è sull’orlo di una catastrofe e per la quale non sappiamo cosa salvare per prima, a chi dare la nostra priorità. Vedendo il nostro destino segnato sulla terrra che sparirà l’unica cosa che ci resta è quella di scambiarci il saluto con tutto il nostro corpo. Uno scambio di fisicità dove è l’amore tra le entità umane che emerge (che paradosso: lo scambio fisico salva l’umanità mentre per salvarci dal virus abbiamo ripudiato gli abbracci come se fossero essi stessi la causa della pandemia).

Tutto è destinato a finire per sempre però c’è una speranza e siamo noi, noi che possiamo tentare di opporci alla fine del mondo diventando protagonisti e riprendendoci la capacità di fare le scelte più opportune contro il cambiamento climatico e soprattutto ritornando ad amarci come genere umano con tutto il corpo ciao, ciao.

Invece, proprio nell’approssimarsi della fine, l’egoismo fa peggiorare la situazione accentuando la crisi attraverso l’esasperazione dei conflitti fino ad arrivare alla guerra mondiale. E in questo caso c’è veramente poco da fare solo dirsi un ultimo ciao ciao velato di tristezza e di rammarico per tutto ciò che poteva essere e non sarà più.

Ecco svelato il messaggio: con le mani, con i piedi, con tutto il corpo diciamo ciao ciao. Cantiamo, balliamo, ridiamo, scherziamo, amiamo ma dobbiamo restare concentrati sulle cose che possono salvare la vita sulla terra.

Un tempo si diceva “sono solo canzonette” ed invece sono inni pregni di messaggi, basta saperli ascoltare. Ciao, ciao.

Sanremo 2021

Piccola intromissione nel mondo della musica – di Mauridibe

Quest’anno ho seguito tutte le serate del festival di Sanremo, pur con le immancabili pause di sonnolenza da metà trasmissione in poi. La visione è stata quasi una scelta obbligata, non solo dal piacere di seguire la kermesse alla quale sono legato da anni, da quando con i miei fretelli e genitori facevamo la classifica casalinga, ma anche e soprattutto perché quest’anno eravamo tutti più o meno relegati in casa. Eppure non mancava la concorrenza dei canali tradizionali e delle piattaforme web. Unica critica che muovo all’attuale formula è la durata eccessiva delle serate. Io conterrei la durata di tutte le serate entro la mezzanotte e mezza. Del resto ciò che aumenta la durata sono l’anteprima, gli ospiti e le pubblicità, non l’essenza del concorso canoro. quindi da qualche parte si può riuscire a limare le tempistiche.

Ma veniamo ai vincitori ed ai vinti di Sanremo. La classifica è ormai di dominio pubblico come i testi e le musiche delle canzoni sono entrati nelle orecchie e nelle menti anche dei meno attenti.

Sono felice per la vittoria dei Maneskin, anche se non erano i miei preferiti in assoluto. Hanno presentato un pezzo certamente poco sanremese ma molto carico di energia positiva, un rock tendente al punk e con un tema molto delicato quanto lo è la lotta contro i pregiudizi, qualsiasi tipo di pregiudizio. Un festival che più di un concorso musicale tende ad essere una sfilata di moda, ha giudicato più le apparenze ed il look eccessivamente aggressivo dei 4 giovani vincitori, che non il brano in sè stesso. Solo l’intervento del televoto in cui la componente giovanile ha avuto un peso determinante, ha ribaltato i pronostici che davano per vincitore Ermal Meta. Uno degli aspetti che mi ha colpito positivamente del brano “Zitti e buoni” è stato vedere l’orchestra che si esibiva in virtuosismi che coinvolgevano molto il movimento del corpo, quasi fossero costretti a danzare sulle note che stavano suonando. Questo è già un indice della qualità musicale che andavano ad accompagnare.

Il secondo posto del duo Francesca Michelin e Fedez con Chiamami per nome mi ha sorpreso più della vittoria dei Maneskin. Il vento dei social li ha spinti molto più avanti di dove si trovavano la sera prima. Un brano senza infamia e senza lode, ben cantato ma uno dei tanti, non particolrmente accattivante. L’intesa che hanno creato i due giovani artisti fa presagire nuove future collaborazioni. A furia di tentare, chissà che non venga fuori il pezzo super.

Ermal Meta con Un milione di cose da dirti. Il brano è molto dolce ma assolutamente anonimo dal punto di vista musicale. Oserei dire che nelle votazioni delle prime serate era assolutamente sovrastimato e che il podio è una bella consolazione, la vittoria sarebbe stata un eccesso.

Oltre il podio, ci sono altri interpreti che si sono fatti notare e che secondo me meritano un breve commento personale.

Colapesce e Dimartino hanno portato un pezzo molto orecchiabile, io li avrei visti sul podio se non addirittura vincitori però temo che il mio campanilismo mai sopito, mi spinga ad essere più indulgente verso di loro. Il brano tratta, anche se non direttamente, il tema della necessità di evasione dal nostro tempo pandemico e da tutte le restrizioni fisiche e sociali ed allora ci viene incontro una musica leggera anzi leggerissima per non farci cadere nel buco nero. Un testo quindi apparentemente frivolo ma intensamente legato ai rischi psicologici del periodo che stiamo vivendo. Che il pezzo fosse meritevole di attenzione lo dimostra la vittoria del premio Lucio Dalla assegnato dalla sala stampa.

Willie Peyote è una rivelazione ed ha avuto un ottimo piazzamento con mai dire mai, grazie al tema che ha affrontato, sulla crisi di valori e la tendenza a seguire le varie bandiere e mode senza un ideale concreto. Piacevole il ritornello. Bella l’idea ma difficilmente l’avrei votato.

Max Gazzè, uno dei miei cantanti preferiti mi ha deluso. Belle le performance dal punto di vista dello spettacolo ma il brano, Il farmacista, pur avendo una propria originalità e la solita ironia del cantautore romano, sembra un film già visto. Peccato perché è allegro ed orecchiabile e sarà un sicuro successo commerciale ma non era il massimo per Sanremo.

Mi fermo a questi interpreti anche se su 26, ce ne sono tanti che hanno attirato la mia attenzione per un motivo o per un altro. Tra questi cito solo La rappresentante di lista. Anche in questo caso il look ha avuto un impatto superiore alla performance in se stessa e devo dire che il brano Amare mi è piaciuto di più agli ascolti alla radio che non durante le 4 serate.

Sanremo è sempre Sanremo. Si può amare o odiare ma non restarne indifferenti. Amadeus e Fiorello l’hanno reso meno formale e bacchettone che non in passato. Mi auguro che la corsa al presentatore dell’anno prossimo sia effettuata con mentalità più aperta che non nel recente passato. Si parla molto delle disparità uomini/donne e da molto tempo sostengo che in Italia sarà veramente parità quando vedremo un Sanremo presentato da una donna di elevato spessore artistico. Non ne mancano in Italia. Qualche anno fa avrei visto di buon occhio una presentazione di Raffaella Carrà o di Loretta Goggi, oggi, tra le donne Rai c’è Milly Carlucci ma se fossi io a scegliere, darei carta bianca già da subito ad Adrea Delogu che ha tutte le caratteristiche e le possibilità di dirigere e presentare il più importante evento musicale, di costume e televisivo italiano.

Joel Dicker – L’enigma della camera 622

Ho sempre odiato i libri molto lunghi perché spesso celano ripetizioni e inutili divagazioni sul tema pur di “allungare il brodo” ed arrivare ad una struttura da “libro di peso”.

L’enigma della camera 622 invece è un libro ben scritto, molto scorrevole, interessante dall’inizio alla fine. Pur nascondendo la verità fino all’ultima pagina, la particolarità del libro non è quella di essere un vero e proprio giallo ma di essere un libro d’amore. Dove l’amore è declinato in svariate forme andando oltre il tradizionale uomo-donna o padre-figlio. Uno degli aspetti più belli da scoprire riguarda proprio queste forme d’amore che si sviluppano attraverso la vicenda narrata.

Le divagazioni, in questo testo, sono giustificate dalla voglia dell’autore di affrontare il tema del dolore che si prova a causa di un lutto. Dicker parla in prima persona, è presente nel libro con il proprio carico di emozioni e il proprio dolore. Il dolore per la morte dell’anziano editore impregna tutto il romanzo dalla prima all’ulltima pagina. Lui era sinceramente affezionato a Bernard non solo per averlo portato al primo successo, per averne curato lo stile, per averlo fato crescere come uomo ma soprattutto per avergli voluto quel bene che è difficile da dimenticare e viene restituito nel testo che traspare amore sincero per questo anziano e saggio uomo di cultura.

Altro tema importante è la distinzione di classe sociale e i disperati tentativi dei protagonisti di fare il salto da una classe all’altra e nella stessa classe sociale, il tentativo di approdare a ruoli di comando per arrivare a controllare la vita delle persone. Oserei dire che il controllo è la parola giusta. Il controllo economico della banca di famiglia, il controllo sulle figlie, il controllo dei dipendenti e dei clienti dell’albergo, il controllo sulla vita delle altre persone. C’è nell’autore un forte desiderio di controllo, forse perchè si rende conto di non riuscire a controllare la propria voglia di scrivere che gli causa la perdita della donna amata.

Non voglio svelare ulteriori dettagli importanti che farebbero perdere interesse al lettore ma posso assicurare che l’enigma rimane tale quasi fino alla fine ma, a parere personale, non è questo a tenere alta l’attenzione del lettore, mentre lo sono i continui cambi di scena ed i salti temporali, ben calibrati per non creare al lettore quel disturbo da disorientamento che si avverte normalmente in questi casi. Invece, resta alta la curiosità di verificare come si concatenino gli eventi passati con quelli seguenti fino ad arrivare al tempo presente.

La trama potrebbe essere stata molto semplice ma Dicker ci svela un segreto (suo o di Bernard de Fallois?) Se c’è una spiegazione razionale immediata[..] allora la trama si esaurisce e non nasce nessun romanzo. È a questo punto che lo scrittore entra in azione: affinché un romanzo esista, l’autore deve superare le barriere della razionalità, sbarazzarsi della realtà e, soprattutto, creare una posta in gioco laddove non ce n’è nessuna.

William Shakespeare. Commedie per ricordare la giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Ho finalmente completato la lettura di una raccolta di commedie dell’eclettico drammaturgo inglese. La prima impressione che ne ho ricavato è stata relativa allo scrittore. Per me Shakespeare era un uomo al quale piaceva divertirsi. Inseriva infatti, anche nelle storie più tristi un aspetto grottesco se non brillante. Immagino l’autore nel suo studio che pensa alle battute da scrivere per i suoi personaggi e nel frattempo gli viene un lampo di genio e inserisce una frasetta spiritosa, la costruzione di un equivoco o i giri di parole per creare una truffa.

Successivamente non ho potuto fare a meno di constatare che la sua scrittura è principalmente diretta ad una fascia sociale ben determinata. In effetti siamo ancora nel periodo in cui l’arte era a totale appannaggio dei benestanti che potevano pagare il biglietto del teatro. Mi viene da pensare che però il nostro William deve aver avuto un contatto molto ravvicinato con la parte popolare perché in ogni sua commedia, l’azione, pur essendo imperniata su personaggi di alto lignaggio, molto spesso coinvolge in maniera diretta o indiretta un popolano. Ed è sul palcoscenico che popolàno e signore assumono la medesima visibilità, parlano entrambi con la stessa voce autorevole al pubblico.

Shakespeare utilizza in maniera innovativa i monologhi facendo uscire pensieri, considerazioni e psiche dei suoi personaggi e ci aiuta a capirli ed analizzarli nel profondo.

Altro aspetto che mi ha sempre incuriosito è quello dell’ambientazione. Non si hanno notizie di viaggi in mete europee, però le commedie e i drammi di Shakespeare sono ambientati oltre che in Inghilterra in molti altri stati europei, compresa l’Italia e per la quale cito a solo titolo di esempio Verona (Romeo e Giulietta), Venezia (il mercante di Venezia), Padova (La bisbetica domata) e Messina (Molto strepito per nulla). Se ne deduce che, sebbene non vi sia certezza che abbia compiuto studi accademici, evidentemente aveva una cultura storica e geografica ben strutturata, forse autodidatta.

Infine, facendo il parallelo tra i vari testi scopro in Shakespeare un atteggiamento di profondo rispetto e stima nei confronti delle donne. Non solo le ama per la loro bellezza, le stima e ci restituisce di loro un’immagine quanto mai attuale. Non le vede sottomesse agli uomini, pur essendo pienamente in armonia con le consuetudini dei tempi narrati. Sembra che egli le immagini più intelligenti e determinate degli uomini. Sono le donne le cause che generano l’azione e spesso sono loro che ne determinano l’epilogo. Gli uomini, anche quando hanno un elevato numero di battute, sono poco più che comparse se confrontate alle poche ma determinanti battute delle donne. E non si tratta si semplice galanteria ma di vero rispetto. Siamo lontani dalle considerazioni egalitarie dei giorni nostri ma siamo anche distanti dalle mancanze di rispetto e considerazione delle donne alle quali abbiamo assistito nel corso della storia umana e che continuiamo a vedere ancora adesso. Pur essendo vissuto nel tardo 1500, l’atteggiamento di Shakespeare nei confronti delle donne appare essere decisamente moderno.

Credo sia questo il segreto per cui Shakespeare è sempre stato così tanto amato dal pubblico. Non solo perché le sue storie sono romantiche o ironiche o drammatiche ma perché scava nel cuore e nella mente dei protagonisti e ci parla di rispetto.

Van Gogh 3. La mostra di Padova. – (ripubblicato da ‘La poesia e lo spirito’)

Settembre 1880, esattamente 140 anni fa, Borinage, regione carbonifera in Belgio. Fine di luglio 1890, Sud della Francia, 130 anni fa.La folgorante …

Van Gogh 3. La mostra di Padova

Prosper Mérimée. Lettere ad una sconosciuta

Questo libro era divenuto un best seller a pochi giorni dalla sua pubblicazione, 3 anni dopo la morte dell’autore avvenuta nel settembre 1870 . Il pubblico dell’epoca era più interessato a trovare il giusto pettegolezzo sugli ambienti nobiliari e culturali della corte francese, tentando di smascherare l’anonima corrispondente dell’autore che ad apprezzare le pur valenti capacità artistiche di quest’ultimo.

In effetti la corrispondenza con la donna di cui non viene mai rivelato il nome aveva suscitato lo stesso interesse che oggi hanno alcuni articoli delle riviste scandalistiche e fecero partire l’affannosa ricerca per dare un nome ed un volto alla destinataria di tali missive. Solo dopo lunghe indagini, la misteriosa donna viene identificata come Jeanne-Francoise Dacquin, conosciuta probabilmente dall’autore di Carmen, in occasione di una richiesta d’autografo.

Vengono percorsi quasi 30 anni di storia e cultura europee con testimonianze delle ambizioni dell’autore, della vita mondana negli ambienti aristocratici parigini, della politica, delle guerre e rivoluzioni e soprattutto del rapporto sentimentale altalenante in cui emerge il carattere spigoloso ed egocentrico di Mérimée che cerca nella giovane donna sia il conforto di una sincera amicizia e sia lo scambio carnale che oggi chiameremmo di scopamici.

Le lettere non pretendono di essere di elevato valore artistico, trattandosi spesso di sole poche righe che sovente contengono sfoghi di collera contro la donna, contro l’élite culturale francese che non gli attribuiva sufficiente stima, contro il mondo o contro sé stesso, lamentando continue sofferenze che oggi attribuiremmo ad un carattere ipocondriaco. Eppure le missive sono ricche di richiami culturali alti e frasi in varie lingue, spesso tratte da opere famose, che condiscono le conversazioni epistolari tra i due amici.

Emergono a tratti sia l’ironia e sia l’indispettita arroganza con la quale apostrofava la sua corrispondente nelle occasioni in cui non rimaneva soddisfatto dalle risposte epistolari o dagli incontri furtivi finiti in maniera diversa da quanto da lui bramato.

Sembra impossibile che entrambi i protagonisti dello scambio epistolare abbiano viaggiato in molte parti d’Europa e del mondo trattenendosi per periodi prolungati e riuscendo comunque a raggiungersi tramite fermo posta. Alcune lettere sono poco più lunghe dei nostri messaggi su WhatsApp e ricevevano risposta entro uno, due giorni al massimo se i corrispondenti si trovavano nella stessa città ma sovente le risposte arrivavano a distanza di qualche decina di giorni. Per la cultura dell’immediato che abbiamo oggi è inimmaginabile quanto avveniva in passato. Oggi si nota la disperazione nel volto di chi attende il doppio baffetto blu che conferma l’avvenuta lettura del messaggio e prelude ad una risposta immediata oppure ad una lunga serie di stizziti improperi se la persona alla quale abbiamo scritto non risponde nel tempo che noi riteniamo opportuno.

Chissà con quali sentimenti ci si preparava all’attesa di giorni per scoprire l’effetto sortito dalla propria lettera. E nel caso documentato nel libro di Mérimée non c’era nemmeno la certezza che la posta arrivasse in tempo prima che il destinatario partisse per altra località.

Anche il trattenere le lettere, testimonianze di tutte le relazioni, siano esse d’affari o di cuore sembra un ingombro insostenibile ai giorni nostri eppure nelle chat dei nostri cellulari ci saranno enciclopedie di parole, spiegazioni, immagini e riferimenti che però hanno la caducità dell’effimero mentre le lettere venivano conservate gelosamente e rilette all’occorrenza perché custodivano pensieri e sentimenti. Un particolare non da poco: se non si tratteneva una minuta, si aveva contezza delle sole risposte rischiando di dimenticare quanto scritto. Sui cellulari abbiamo invece l’intera sequenza di battute scambiate.

Un aspetto che mi ha fatto molto riflettere, leggendo “Lettere ad una sconosciuta” è quello della necessità che l’autore aveva di comunicare i propri pensieri. Oltre al desiderio di sedurre la propria interlocutrice, ho colto una sincera voglia di relazione alla pari, senza l’invidia e l’ipocrisia dell’Accademia di Francia, senza i sottili intrighi della politica internazionale ma con la possibilità di depositare anche le proprie frustrazioni nelle mani di una persona che era in grado di comprendere, di assecondare e quando necessario, di rimproverare.

Ho provato a pensare se pure io abbia una persona con la quale poter avere la stessa libertà di espressione. Ho cercato innanzi tutto nella famiglia, nel mondo del lavoro, dello sport, del volontariato dividendo anche in base al genere e notando le differenze di rapporto con gli amici uomini o con le amiche donne. Mi sono accorto che forse l’unico specchio al quale riesco ad esprimere parte di me stesso è lo sfondo bianco del programma di scrittura, sul mio monitor. Eppure non mi risultava di essere così taciturno o riservato. Ho riflettuto nuovamente considerando i gruppi di persone con cui non ho più un rapporto diretto ma, a causa della distanza, solo comunicazioni di tipo neo-epistolare cioè tramite messaggi. Con questi ultimi la lunghezza e i contenuti dei messaggi sono più “alti” rispetto a quelli delle chat ad uso coordinamento utilizzate per la famiglia, lavoro, sport o altro. Gli amici con i quali ho uno scambio più profondo sono in effetti i più lontani e le comunicazioni più rade per cui dedico loro maggior tempo e cura nella scrittura. Ho un’unica eccezione, una persona che ritengo amica seppure non ci frequentiamo assiduamente e con la quale ho la sensazione di riuscire a comunicare con più facilità alcuni aspetti emozionali e dalla quale mi sembra di aver ricevuto medesimo trattamento. E’ uno di quei casi in cui si instaura un rapporto di ascolto reciproco che non vuol dire essere l’uno il muro d’appoggio dell’altro per qualsiasi cosa venga in mente ma essere quella risorsa estrema dalla quale attingere energia per rimettersi in piedi, dopo averle provate tutte.

Ultimo aspetto che ho colto nel libro è la seduzione continua che esercitava l’autore sulla donna e che subiva a sua volta. Un corteggiamento reciproco durato circa 30 anni. Oggi ci sono matrimoni che durano molto meno.

Non pensavo che un libro del genere riuscisse ad attirarmi così tanto. Non c’è una trama, non c’è un fine, eppure c’è tutta una vita.

Le undici fontane che fanno impazzire chi ama i libri – Il mestiere di leggere

Acqua e carta: un accostamento che appare come un ossimoro, eppure proprio questo abbinamento ha ispirato gli artisti nella creazione di fontane …

Le undici fontane che fanno impazzire chi ama i libri

Libri & Jazz

La calura estiva inizia a scemare e qualche comune organizza, con estrema fatica, le attività culturali di questa estate giunta quasi al termine tra l’euforia della fine del periodo acuto dell’emergenza Covid ed il timore di nuovi focolai. Ci vuole la giusta misura tra iniziative inedite ed il contenimento dell’epidemia.

In questo clima e nella cornice dell’elegante parco Pietro d’Abano a Battaglia Terme, sono riuscito a gustare una pregiatissima serata di Jazz accompagnata da letture di Marco Ferraro tratte dal libro “Natura morta con custodia di sax” di Geoff Dyer.

Scoprire pensieri e scorci di vita dei musicisti che hanno fatto la storia della musica hanno reso più orecchiabili e più penetranti i brani jazz, sentiti decine di volte in passato e mirabilmente riprodotti dal CVC Jazz trio, in accompagnamento al sax e clarinetto basso di Salvatore Pennisi.

Ascoltare il Jazz mi dà la conferma che la musica è eterna, perché reale espressione dell’anima del compositore. Ogni nota mi parla di vita. Che sia dolcezza, amore, disperazione, sofferenza o follia, per me il jazz contiene sempre passione ed è questa passione che mi fa sentire attuali le note scritte dai 70 ai quasi cento anni fa.

I jazzisti, quando eseguono i brani dei giganti del passato, sanno che non possono limitarsi a ripetere i suoni e i silenzi ma devono mettere la loro anima nel fiato che attraversa il sax o la tromba, nelle dita che accarezzano i tasti del piano o le corde del contrabbasso e nel movimento dei polsi che muovono le bacchette per picchiare su piatti e tamburi della batteria.

La serata finisce e vado a casa con le vibrazioni del contrabbasso che risuonano nelle viscere mentre il ricordo delle note acute del sax mi regalano quella malinconica eccitazione tipica del jazz, accompagnata dall’allegria della batteria e della chitarra. Sullo sfondo le storie di molte vite travagliate che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica.

Bird, 100 anni fa (e volando per sempre) — La Bottega del Barbieri

tre tappe per conoscere o ritrovare Charlie Parker Qui in “bottega” volevamo ospitare una ricca, succulenta scor-data per il centenario della nascita di Charlie Parker, scrivendo noi qualcosa ma soprattutto rubacchiando qua e là. 28 altre parole

Bird, 100 anni fa (e volando per sempre) — La Bottega del Barbieri